giovedì 23 ottobre 2014

Johannes Keplero

Johannes Keplero è nato a Weil der Stadt nel 1571. Il padre, un mercenario, trascurò molto la famiglia e la madre fu accusata di commercio con il demonio ma riuscì a scappare.  Keplero entrò a far parte della scuola elementare di Leober nel 1578; nel 1584 entrò alla scuola di Grammatica di Adelberg; nel 1586 al seminario di Maulbronn e nel 1589 si iscrisse ai corsi dell'Università di Tubinga per divenire "Magister Artium". L'insegnamento che Keplero aveva avuto a Tubinga nel campo dell'Astronomia da parte di Michael Maestlin, lo avevano convinto della veridicità dell'ipotesi di Copernico alimentando quell'interesse  per l'astronomia che forse gli derivava dall'infanzia quando la madre lo portò su una collina ad osservare la splendida cometa apparsa nel 1577.
Tycho e Keplero studiarono i moti di Marte e Giove ma Keplero capì che non avrebbe potuto ottenere risultati soddisfacenti se non fosse riuscito a trovare un modello valido per il moto della Terra intorno al Sole. Ottenuta una credibile teoria del moto della Terra Keplero si dedicò all'interpretazione dinamica dei moti, ma le prime ricerche risentivano ancora dell' influenza della Fisica di Aristotele. Nel 1602 ritornò allo studio del moto di Marte. Supponendo che la forza agente sul pianeta fosse direttamente proporzionale alla velocità, Keplero ne ricavò una legge errata, dove la forza gravitazionale agente sui pianeti era inversamente proporzionale alla distanza. Keplero, in questo modo, iniziò a cercare di deformare la traiettoria utilizzando epicicli che ne producessero una ovalizzazione; i risultati lo portarono a provare se fosse possibile ottenerne di migliori ipotizzando la forma ellittica per l'orbita di Marte: i risultati furono sorprendentemente i migliori. Le conclusioni di Keplero sono oggi valide e tuttora studiate come le prime due leggi di Keplero :
I) Le orbite dei pianeti sono ellittiche ed il Sole occupa uno dei due fuochi di ogni ellisse
II) La velocità di ciascun pianeta lungo la sua orbita non è uniforme, ma cambia a seconda della sua posizione: il pianeta sarà più veloce nei pressi del perielio e più lento nei pressi dell'afelio. Precisamente, il raggio vettore che unisce il pianeta al sole, percorrerà aree uguali in tempi uguali.
La ricerca di un ordine matematico dell'Universo come espressione divina lo portò a realizzare l'opera "Harmonices mundi" : in essa giunse finalmente a definire quella legge matematica che doveva descrivere i moti dei pianeti intorno al Sole. Essa è nota oggi come la terza legge di Keplero :
III) I cubi dei semiassi maggiori di ogni pianeta sono direttamente proporzionali ai rispettivi periodi di rivoluzione.
                                                  A3
                                           ————— = k
                                                  T2
Morì il 5 Novembre 1630.
Astronomia babilonese
Col termine astronomia babilonese si intendono le teorie e i metodi sviluppati in Mesopotamia (la "terra fra i fiumi" Tigri ed Eufrate, situata nel Sud dell'attuale Iraq), in particolare dai seguenti popoli: Sumeri, Accadi, Babilonesi e Caldei. Le loro avanzate conoscenze astronomiche influenzarono successivamente la cultura scientifica di egizi, indiani e greci.[1]Ed in effetti la astronomia mesopotamica rappresenta la prima fase dell'astronomia occidentale.[2]
Legata alla nascita dell'astronomia, ed anzi propedeutica ad essa, è la creazione della più antica forma di scrittura, quellacuneiforme, elaborata dai Sumeri attorno al 3500 - 3000 a.C.
Sebbene i Sumeri si limitassero ad osservazioni astronomiche abbastanza semplici, tuttavia esse posero le basi del successivo e sofisticato sistema astronomico babilonese.[2]
La teologia astrale, la quale riteneva che alla base dell'universo vi fossero degli dèi corrispondenti a corpi celesti, fu elaborata dai Sumeri e successivamente ripresa ed integrata dagli altri popoli mesopotamici. Lo sviluppo di tale teologia è anch'esso legato allo sviluppo dell'astronomia.
Utilizzavano inoltre il sistema di numerazione sessagesimale, che semplificava il difficile compito di registrare sia numeri molto grandi che numeri molto piccoli. La pratica moderna di dividere un cerchio in 360 gradi, di 60 minuti ciascuno, iniziò presso di loro.
Durante l'VIII ed il VII secolo a.C., gli astronomi babilonesi svilupparono un sistema empirico di approccio alla materia. Fu questo un importante contributo sia per l'astronomia che per la filosofia della scienza, tanto che molti studiosi si riferiscono a questo nuovo approccio come alla prima rivoluzione scientifica.[3] Questo nuovo sistema venne poi adottato nell'astronomia greca ed ellenistica.
Le fonti classiche latine e greche utilizzano il termine "Caldei" per indicare gli astronomi della Mesopotamia, i quali erano in realtà dei sacerdoti-scribi specializzati in astrologia e altre forme divinatorie.

L'astronomia babilonese antica si riferisce al tipo di astronomia che veniva praticato durante e dopo il Primo Impero Babilonese e prima della Seconda Dinastia Babilonese. I Babilonesi furono i primi a riconoscere la periodicità dei fenomeni astronomici ed i primi ad applicare la matematica alle loro predizioni.
Alcune tavolette, databili al Primo Impero Babilonese, documentano l'applicazione della matematica alla variazione della lunghezza delle ore diurne durante l'anno solare. Secoli di osservazioni dei fenomeni celesti furono registrati in una serie di tavolette redatte in scritture cuneiforme, conosciute come "Enuma Anu Enlil" - la più vecchia e significativa fonte che possediamo è la Tavoletta 63, chiamata anche la cosiddetta "Tavoletta di Venere di Ammi-Saduqa", che mostra il primo e ultimo sorgere visibile di Venere per un periodo di circa 21 anni. È la prima testimonianza del riconoscimento della periodicità dei fenomeni planetari.
Il MUL.APIN, contiene cataloghi di stelle e costellazioni, come anche schemi per predire la levata eliaca e le posizioni dei pianeti, la lunghezza delle ore diurne misurata attraversoclessidre, gnomoni, ombre ed infine metodi per sincronizzare il calendario lunare a quello solare. Il testo babilonese GU organizza le stelle in "stringhe" che giacciono lungo declinazioni circolari e misurano dunque intervalli di tempo utilizzando le stelle allo zenith, riportando anche le differenze ascensionali.[4] Ci sono decine di testi mesopotamici che descrivono osservazioni di eclissi, soprattutto fatte dalla città di Babilonia.
Astronomia Babilonese del Secondo Impero[modifica wikitesto]
L'Astronomia del Secondo Impero si riferisce all'astronomia sviluppata dagli astronomi Caldei durante il Secondo Impero Babilonese, l'Impero Achemenide, l'età seleucide, e l'Imperopartico.
Un incremento significativo della qualità e della frequenza delle osservazioni babilonesi cominciò durante il regno di Nabonassar (o "Nabu-nasir", 747-734 a.C.), il fondatore del Secondo Impero. La sistematica registrazione in almanacchi astronomici di fenomeni infausti che cominciò in questo periodo, permise ad esempio la scoperta della frequenza delleeclissi lunari in cicli di 18 anni (ciclo di Saros). L'astronomo egiziano Tolomeo utilizzò più tardi il regno di Nabonassar come inizio di un'era, poiché ritenne che le prime osservazioni utilizzabili incominciassero in quel periodo.
L'ultimo stadio nello sviluppo dell'astronomia babilonese prese piede durante l'Impero Seleucide (323-60 a.C.). Nel terzo secolo a.C., gli astronomi incominciarono ad usare dei testi per la previsione dei moti dei pianeti. Questi testi includevano materiale di precedenti studi per scoprire la ripetizione di avvenimenti infausti concernenti i pianeti. Nello stesso periodo, o poco dopo, gli astronomi crearono dei modelli matematici che permettevano di predire questi fenomeni direttamente, senza l'ausilio delle osservazioni passate.
Astronomia Empirica[modifica wikitesto]
La maggioranza degli astronomi Caldei erano interessati esclusivamente alle effemeridi e non alla teoria. Il modello planetario babilonese era strettamente empirico e aritmetico, e normalmente non venivano incluse la geometria, la cosmologia o la filosofia speculativa,[5] benché gli astronomi babilonesi fossero interessati alla filosofia naturale e alla natura ideale dell'universo primordiale.[3] I contributi dati in questo periodo, includono la scoperta di cicli di eclissi, del ciclo di Saros e di altre accurate osservazioni astronomiche. Gli astronomi Caldei conosciuti per aver seguito questo modello includono Naburimannu (VI o III secolo a.C.), Kidinnu (330 a.C.), Berosso (III secolo a.C.) e Sudines (240 a.C.). Sono conosciuti per aver avuto un'importante influenza sul greco Ipparco e sull'egiziano Tolomeo, come anche su molti altri astronomi del periodo ellenico.
Astronomia Eliocentrica[modifica wikitesto]
L'unico studioso Caldeo conosciuto per aver teorizzato un modello eliocentrico di moto planetario fu Seleuco di Seleucia (n. 190 a.C.).[6][7][8] Seleuco è conosciuto grazie agli scritti di Plutarco. Sostenne la teoria eliocentrica, la quale afferma che la Terra ruota attorno ad un proprio asse e contemporaneamente attorno al Sole. Secondo Plutarco, Seleuco fornì addirittura delle prove in sostegno alla tesi, ma non è noto quali argomenti egli avrebbe utilizzato.
Secondo Lucio Russo le sue tesi erano probabilmente relazionate al fenomeno delle maree.[9] Seleuco teorizzò correttamente che le maree fossero causate dalla Luna, benché credesse che l'interazione fosse mediata da un pneuma, identificato da alcuni con l'atmosfera terrestre. Notò che le maree variano in durata e intensità in differenti zone del mondo. Secondo Strabone, Seleuco fu il primo ad affermare che le maree sono collegate all'attrazione esercitata dalla Luna e che la loro altezza dipende dalla posizione del satelliteterrestre in relazione al Sole.[10]
Secondo Bartel Leendert van der Waerden, Seleuco potrebbe aver provato la teoria eliocentrica tramite la determinazione di costanti di un modello geometrico, sviluppando poi un metodo di computo delle posizioni planetarie, utilizzando questo nuovo modello. Potrebbe aver usato un modello trigonometrico disponibile ai suoi tempi, dato che fu contemporaneo di Ipparco di Nicea.[11]
L'influenza babilonese sull'astronomia Ellenistica[modifica wikitesto]
Molte delle opere degli antichi greci e degli scrittori ellenistici (inclusi matematici, astronomi e geografi) si sono conservate fino ai nostri tempi, mentre in altri casi ci sono noti alcuni aspetti dei loro lavori o del loro pensiero attraverso riferimenti successivi. Invece i risultati raggiunti in questi campi dalle prime civiltà medio-orientali, e in particolare da quella babilonese, rimasero nell'oblio per lungo tempo.
In seguito alle importanti scoperte archeologiche del XIX secolo, sono state ritrovate alcune tavolette di argilla incise in caratteri cuneiformi, alcune delle quali trattavano di astronomia. Molte di queste sono state descritte da Abraham Sachs e in seguito pubblicate da Otto Neugebauer negli Astronomical Cuneiform Texts (ACT).
Dalla riscoperta della civiltà babilonese è emerso chiaramente che la l'astronomia ellenistica era stata fortemente influenzata da quella Caldea. Gli esempi meglio documentati sono quelli di Ipparco di Nicea (II secolo d.C.) e Claudio Tolomeo.
Influenze iniziali[modifica wikitesto]
Molti studiosi concordano sul fatto che gli antichi greci abbiano appreso il ciclo metonico dagli scribi babilonesi. Metone di Atene, un astronomo greco del V secolo a.C., sviluppò uncalendario lunisolare basato sulla corrispondenza tra 19 anni solari e 235 mesi lunari; tale relazione era già nota ai babilonesi.
Nel IV secolo a.C., Eudosso di Cnido scrisse un libro sulle stelle fisse. Le sue descrizioni di molte costellazioni e specialmente i dodici segni dello zodiaco, sono molto simili agli originali babilonesi. Nel secolo seguente Aristarco di Samo utilizzò un ciclo di eclissi di origine babilonese, il ciclo di Saros, per determinare la lunghezza dell'anno.
Tutti questi esempi di influenze iniziali, possono però solo essere supposti in quanto non ci è nota la catena di trasmissione.

Storia dell'astronomia
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Antico astrolabio persiano.
La storia dell'astronomia, probabilmente la più antica delle scienze naturali, si perde nell'alba dei tempi, antica quanto l'origine dell'uomo[1]. Il desiderio di conoscenza ha sempre incentivato gli studi astronomici sia per motivazioni religiose o divinatorie, sia per la previsione degli eventi: agli inizi l'astronomia coincide con l'astrologia, rappresentando allo stesso tempo uno strumento di conoscenza e potere; solo dopo l'avvento del metodo scientifico si è giunti a una separazione disciplinare netta tra astronomia e astrologia[2].
Fin dai tempi antichi, gli uomini hanno appreso molti dati sull'universo semplicemente osservando il cielo; i primi astronomi si servirono unicamente della propria vista o di qualche strumento per calcolare la posizione degli astri. Nelle società più antiche la comprensione dei "meccanismi celesti" contribuì alla creazione di un calendario legato ai cicli stagionali e lunari, con conseguenze positive per l'agricoltura. Sapere in anticipo il passaggio da una stagione all'altra era di fondamentale importanza per le capacità di sopravvivenza dell'uomo antico. Pertanto l'investigazione della volta celeste ha costituito da sempre un importante legame tra cielo e terra, tra uomo e Dio[3].
Con l'invenzione del telescopio l'uomo è riuscito ad indagare più a fondo sulle dinamiche celesti, aprendo finalmente una "finestra" sull'universo e le sue regole. Sarà poi l'evoluzione tecnica e l'avvio delle esplorazioni spaziali ad ampliare ulteriormente il campo di indagine e le conoscenze del cosmo.
Origine dell'astronomia[modifica | modifica wikitesto]

Stonehenge

  Per approfondire, vedi archeoastronomia.  
L'uomo, fin dalle sue origini, ha sempre osservato la volta celeste alla ricerca di possibili correlazioni tra le proprie vicende ed ifenomeni cosmici; da questa esigenza "primordiale" e dalla fantasia e creatività tipiche dell'essere umano nacquero lecostellazioni.[4] Esse rispondevano ad una serie di requisiti sia di tipo pratico (come indicatori naturali dello scorrere del tempo, come punti di riferimento dell'orientamento per terra e per mare e come segnalatori dei momenti migliori per intraprendere le attività agricole) che religioso (le stelle, quali luci naturali in un cielo buio, erano identificate con le divinità preposte alla protezione delle vicende umane[4]).
Le prime conoscenze astronomiche dell'uomo preistorico consistevano essenzialmente nella previsione dei moti degli oggetti celesti visibili, stelle e pianeti. Un esempio di questa astronomia alle prime armi sono gli orientamenti astronomici dei primi monumenti megalitici come il famoso complesso di Stonehenge, i tumuli di Newgrange, i Menhir e altre diverse costruzioni concepiti per la stessa funzione. Molti di questi monumenti dimostrano un antico legame dell'uomo col cielo, ma anche l'ottima capacità di precisione delle osservazioni[5].
Pare che nel Paleolitico l'uomo considerasse il cielo come il luogo in cui prendevano forma le storie delle divinità; a dimostrazione di ciò vi sono tracce di un culto attribuito all'asterismo della "Grande Orsa"[6] da parte dei popoli che abitavano oltre le due sponde dello stretto di Bering, che all'epoca dell'ultima glaciazione univa America e Asia. Studi recenti sostengono che già nel Paleolitico superiore (circa 16 000 anni fa) era stato sviluppato un sistema di venticinque costellazioni, ripartite in tre gruppi che rappresentavano metaforicamente Paradiso, Terra ed Inferi:[4]
Nel Neolitico, per meglio memorizzare gli astri, vennero attribuiti agli asterismi somiglianze e nomi, non sempre antropomorfi, alludenti ad aspetti ed elementi della vita agricola epastorale. Le costellazioni zodiacali, che si trovano in prossimità della linea percorsa dal Sole durante l'anno (eclittica), furono le prime, per ragioni soprattutto pratiche, ad essere codificate nel cielo: data la preminenza di un'economia di tipo agro-pastorale, era necessario conoscere bene i vari periodi dell'anno in cui effettuare semine, raccolti, accoppiamentie tutte le pratiche legate a questo mondo[7].
I popoli della Mesopotamia[modifica | modifica wikitesto]

  astronomia babilones emesopotamia  

Stele babilonese con la raffigurazione della Luna in fase crescente simbolo del dio Sin, il Sole e una stella. XII secolo a.C.
I primi segnali di una civiltà babilonese ben sviluppata si hanno attorno al 2700 a.C. Questo popolo dimostrò di possedere eccezionali competenze astronomiche, dando successivamente contributi importanti anche agli egiziani e ai popoli indiani. La necessità di perfezionare le conoscenze in campo astronomico non proveniva solo dalla necessità di avere un buon calendario su cui fare riferimento, ma anche da convinzioni astrologiche: erano gli stessi sovrani a richiedere precise previsioni astrologiche agli astronomi di corte. Fu quindi la necessità di dover prevedere la posizione della Luna e dei pianeti, di capire il meccanismo delle eclissi di Sole e di Luna, ritenuti eventi infausti, a far perfezionare le conoscenze e le ricerche astrologiche[8][9].
Questi popoli, pur non avendo a disposizione strumenti di precisione, intuirono il moto apparente dei pianeti basandosi sulla posizione di alcune stelle di riferimento nel cielo. Scoprirono anche i periodi sinodici dei pianeti Mercurio, Venere, Marte, Giovee Saturno con un margine di errore di pochi giorni, riportando in seguito le previsioni su tavolette effemeridi. Quest'ultime potevano esser consultate per sapere, in qualsiasi momento, quando un pianeta era stazionario in cielo o in opposizione[10].
Osservando il moto lunare, gli astronomi mesopotamici si accorsero che le fasi avevano tempi ben definiti: da qui partì l'intuizione di come il Sole, la Terra e la Luna si trovassero periodicamente nella medesima posizione. Questa scoperta si riferisce al cosiddetto "ciclo di Saros": dopo 223 lunazioni (18,10 anni) la Luna comincia un ciclo in cui le eclissi si ripetono con la stessa cadenza registrata nel ciclo precedente[11].
Grazie alla loro straordinaria abilità nell'effettuare calcoli matematici (introdussero l'algebra), determinarono la durata del mese sinodico lunare con un errore di 30 secondi nell'arco di 5.000 lunazioni. La loro abilità nello studio del cielo li portò ad identificare la fascia dello zodiaco e l'eclittica, da essi chiamata "via del Sole", in cui trovare i pianeti. Questa fascia in seguito venne divisa in 360 parti, una per ogni giorno dell'anno, introducendo così l'uso del sistema sessagesimale per il calcolo deigradi. Ebbero l'intuizione di raggruppare le stelle in costellazioni dando loro anche dei nomi[12].
Gli astronomi babilonesi furono i primi a dividere il giorno in 24 ore, anche se per loro il giorno cominciava la sera, mentre il mese cominciava all'emergere della Luna dalle luci del tramonto subito dopo il novilunio. Fissarono un calendario di 12 mesi lunari di 29 e 30 giorni alternati in maniera non regolare, dividendo i mesi in settimane. Il primo giorno dell'anno però cominciava con il plenilunio di primavera. Per correggere il calendario, anch'essi ebbero bisogno di intercalare mesi aggiuntivi per far tornare i conti, ottenendo comunque una misura precisa nel tempo[13].
Gli egizi[modifica | modifica wikitesto]

Piramidi di Giza

  Per approfondire, vedi calendario egiziano e Astronomia egiziana.  
Le conoscenze astronomiche degli egiziani, in parte riscontrabili nella costruzione delle piramidi e di altri monumenti allineati secondo la posizione delle stelle, presenta come punto di forza il calendario. Il trascorrere della vita in Egitto era fortemente legato a quella del fiume Nilo e delle sue periodiche alluvioni, le quali avvenivano con una certa costanza, in genere ogni 11 o 13 lunazioni. Gli egiziani si accorsero che l'inizio delle inondazioni avveniva quando si alzava nel cielo la stella Sirio ("Sopdet" per gli egizi) con un errore di 3-4 giorni al massimo[14].
Con questo riferimento sorsero diversi calendari, il primo era il calendario lunare di 354 giorni con mesi di 29 o 30 giorni. Ma nel tempo si notarono errori di calcolo, così ne fu introdotto un secondo definito calendario civile di 365 giorni, con 30 giorni ogni mese e 5 epagomeni ogni anno[15]. Ma anche questo calendario mostrava qualche differenza con la realtà. Così fu introdotto un ultimo calendario ancora più preciso, il quale possedeva un ciclo di 25 anni in cui veniva aggiunto un mese intercalare nel 1º, 3º, 6º, 9º, 12º, 14º, 17º, 20º, e 23º anno di ogni ciclo. Questo calendario, estremamente preciso, venne utilizzato anche da Tolomeo nel II secolo d.C. e venne preso in considerazione sino ai tempi di Niccolò Copernico. Da ricordare che i mesi di 30 giorni erano divisi in settimane di 10 giorni e in 3 stagioni di 4 mesi detti: mesi dell'inondazione, mesi della germinazione, mesi del raccolto[16].
Già dal 3000 a.C. gli egiziani avevano in uso la divisione delle ore diurne e notturne in dodici parti ciascuna: per le ore diurne usavano regolare il tempo con le meridiane, mentre per le ore notturne si servivano di un orologio stellare, ovvero osservavano le posizioni di 24 stelle brillanti. Le ore così misurate sia di giorno che di notte avevano una durata diversa a seconda della stagione, mantenendo comunque una durata media di 60 minuti. Successivamente, per le ore notturne vennero introdotti i "decani", ovvero 36 stelle poste in una fascia a sud dell'eclittica, ognuna delle quali indicava con maggior precisione l'orario[15][17][16].
I cinesi[modifica | modifica wikitesto]
L'antica astronomia cinese[18] è celebre per la grande tradizione di osservazioni astronomiche sin dal 2000 a.C.: al 1217 a.C. risale la registrazione di un'eclissi solare[19].
Astronomi cinesi osservarono e registrarono passaggi di comete o altri eventi come l'esplosione della supernova del Granchio del 1054. Si arrivò anche alla realizzazione di uncalendario lunisolare composto di 360 giorni, a cui venivano aggiunti 5 giorni epagomeni; esso sorse probabilmente già dal secondo millennio a.C.[20] Il calendario cinese tuttavia non raggiunse mai il livello di precisione dei calendari di altre civiltà come quella babilonese o maya[21].
Astronomia greca[modifica | modifica wikitesto]

  Per approfondire, vedi Astronomia greca e greci.  
I primi astronomi greci[modifica | modifica wikitesto]
L'uomo a cui si devono le prime indagini conoscitive sul mondo e sull'astronomia fu Talete di Mileto, fondatore della scuola ionica. Egli stimò con buona approssimazione che i diametri apparenti del Sole e della Luna sono la 720ª parte del circolo percorso dal Sole; gli è stata attribuita anche la divisione dell'anno in quattro stagioni e 365 giorni, nonché la previsione di solstizi ed equinozi, e di un eclissi di Sole.[22]
Anassimandro fu l'inventore dello gnomone per rilevare l'altezza del Sole e della Luna e quindi l'inclinazione dell'eclittica. Egli riteneva il mondo un cilindro posto al centro dell'universo con i corpi celesti che vi ruotano attorno, supponendo l'esistenza di mondi infiniti in tutte le direzioni, e avendo così la prima intuizione del principio cosmologico.[22]
Ma un contributo maggiore lo diede Filolao, della scuola Pitagorica, il quale sosteneva un modello di sistema solare non geocentrico; al centro dell'universo vi era un grande fuoco dove ruotavano la Terra, l'Antiterra, la Luna, il Sole, Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno. L'esistenza dell'antiterra fu introdotta probabilmente per giustificare l'invisibilità del fuoco centrale che veniva occultato da quest'ultima, nonché dalla necessità filosofica di arrivare ad un numero totale di dieci corpi[23].
Platone ebbe dapprima una visione dell'universo eliocentrica, poi ritrattata in tarda età per il geocentrismo. Intuì tuttavia la sfericità della Terra, sostenendo anche che la Luna ricevesse luce dal Sole[24].
Le sfere di Eudosso[modifica | modifica wikitesto]

Sistema eliocentrico
Eudosso di Cnido introdusse il concetto di sfere omocentriche, ossia di un universo diviso in sfere aventi un unico centro di rotazione in cui si trovava la Terra; in ogni sfera vi era poi un pianeta con un moto circolare ed uniforme differente da quello degli altri. In questo modo diede spiegazione dei movimenti retrogradi e degli stazionamenti periodici dei pianeti: per le stelle fisse fu facile attribuire una sfera immobile, mentre per i pianeti e per la Luna il moto veniva spiegato con una prima sfera che induceva un moto diurno, un'altra per il moto mensile ed infine una terza ed una quarta con diverso orientamento dell'asse per il moto retrogrado. Tenendo conto che il Sole ne possedeva tre, si giunse ad un sistema di ben 27 sfere[25].
Aristotele fu la causa dello stallo astronomico per quasi 2000 anni. Egli attribuì una realtà fisica alle sfere di Eudosso, alle quali ne aggiunse altre per sopperire alle evidenze osservative. Ipotizzò un complicato sistema di 55 sfere animate da unmotore immobile dal quale partiva l'impulso al moto di tutte le sfere, mentre l'attrito contribuiva a creare un moto differente per ogni sfera[26]..
Il "Copernico dell'antichità", Aristarco di Samo[modifica | modifica wikitesto]
Aristarco di Samo perfezionò la visione dell'universo di Eraclide Pontico spostando il Sole al centro dell'universo[27]; il moto dei corpi diveniva più semplice da spiegare, anche se in maniera non ancora perfetta, data la mancata applicazione delleorbite ellittiche. Inoltre, considerò il moto rotatorio della Terra su di un asse inclinato, spiegando così le stagioni[28]
Aristarco fu anche famoso per il metodo di misura della distanza tra la Terra-Sole. Al primo quarto di Luna, quando risulta visibile anche il Sole, i due astri formano un angolo di 90°. Considerando l'ipotetico triangolo tra i tre corpi, Aristarco misurò quello della Terra con la Luna ed il Sole, trovando un valore di 87°. In questo modo, con un semplice calcolo trigonometrico ottenne che la distanza Terra-Sole era 19 volte maggiore di quella tra la Terra e la Luna[29][30]. Il valore in verità è di 400 volte, ma l'importanza di tale misura non consiste nella precisione riscontrata, quanto nel metodo usato e nell'intuizione.
La prima misura del meridiano terrestre[modifica | modifica wikitesto]

Misura del meridiano terrestre
Lo scienziato che per primo misurò la lunghezza del meridiano terrestre fu Eratostene di Cirene, in Egitto[31]. Il metodo che adottò non è noto. Si è però tramandata una versione semplificata, descritta da Cleomene.
La versione divulgativa di Cleomene prendeva in considerazione due città: Alessandria e Siene, l'odierna Assuan. Assumendo l'ipotesi semplificativa che fossero sullo stesso meridiano (in realtà sono separate da 3° di longitudine), si misura dapprima la distanza tra le due città, ponendo concettualmente i raggi solari paralleli tra loro: questa situazione è possibile in alcuni giorni dell'anno; il giorno del solstizio d'estate, infatti, a Siene (assunta ipoteticamente sul Tropico del Cancro) il Sole è allo zenit e i raggi risultano verticali, mentre ad Alessandria formano un certo angolo: questo angolo corrisponde all'angolo posto ipoteticamente al centro della Terra tra le rette che congiungono le due città. Il suo valore era di 1/50 di angolo giro (ancora i gradi sessagesimali non erano stati ufficialmente introdotti), che equivaleva a 250.000 stadi, ossia a 39.400 km (contro i circa 40.000 reali)[32].
Gli epicicli e i deferenti e il contributo di Ipparco[modifica | modifica wikitesto]
Allo scopo di descrivere con precisione il moto della Terra e degli altri pianeti, Apollonio di Perga introdusse il sistema degli epicicli e deideferenti, una tecnica di scomposizione del moto in armoniche. In questo modello matematico, i pianeti descrivevano orbite scomponibili in un'orbita circolare, percorsa ad una velocità costante, chiamata deferente, mentre il centro della stessa orbita avrebbe ruotato attorno ad un cerchio immateriale detto epiciclo. L'applicazione del modello alla realtà dovette prendere in considerazione le differenze osservative: fu allora introdotto il modello eccentrico, con la Terra non perfettamente al centro del deferente. Il metodo degli epicicli e dei deferenti permetteva di calcolare la rivoluzione dei pianeti con grossa precisione, spiegando i moti retrogradi e persino le variazioni di luminosità del pianeta[33].
Ipparco di Nicea, utilizzando vecchie osservazioni e cataloghi stellari primordiali, ne creò uno nuovo con 850 stelle, assegnandovi per primo le coordinate ellittiche. Classificò quindi le stelle in una scala di sei grandezze oggi note come magnitudini stellari. Tramite questi elementi Ipparco poté notare che tra le sue osservazioni e quelle del passato vi era una certa differenza; questo implicava lo spostamento del centro di rotazione del cielo, e quindi la precessione degli equinozi[34]. Il suo studio fu così accurato che poté calcolare i valori di spostamento supposti in 46" d'arco all'anno (il valore stimato è di 50,26"), per cui poté stabilire con buona precisione la differenza tra anno tropico e sidereo[35].
L'ultimo grande astronomo dell'antichità[modifica | modifica wikitesto]

L'universo geocentrico di Tolomeo
La fama di Claudio Tolomeo è stata tramandata principalmente grazie al libro L'Almagesto (Mathematikè Syntaxis). I libri dell'Almagesto sono un riepilogo di tutto il sapere del passato ed erano talmente completi da divenire in breve tempo un riferimento duraturo per i secoli futuri[36]. In essi Tolomeo riprese e riadattò le vecchie teorie astronomiche alle nuove scoperte: stabilì il sistema geocentrico come punto irremovibile delle sue idee, dal quale giustificò il moto dei pianeti con le teorie di Apollonio ed Ipparco usando epicicli e deferenti; e nel cercare di creare un modello quanto più preciso possibile, ma soprattutto che non differisse dalle osservazioni, introdusse il concetto di equante, perfezionando l'ipotesi dell'eccentrico di Apollonio. Con questo "stratagemma" Tolomeo riuscì a non discostarsi troppo dai principi aristotelici di circolarità delle orbite e di costanza del moto: difatti, l'eccentricità fa apparire il moto degli astri non costante quando osservato dalla Terra, mentre in realtà risulta continuo. Fu anche con questo sistema che riuscì a giustificare tutti i moti dei pianeti, anche quelli retrogradi, rispetto alla volta celeste. Creò un catalogo stellare con 1028 stelle usando le carte di Ipparco con cui divise il cielo in costellazioni, tra le quali le 12 dellozodiaco, usando il metodo delle magnitudini stellari[37][38].
I popoli dell'America centrale[modifica | modifica wikitesto]

Chitzen Itza

  Per approfondire, vedi Calendario maya.  
Anche nel centro America si svilupparono delle civiltà che raggiunsero una cultura e un grado di conoscenze assai elevati[39]. La loro astronomia non diede contributi alle altre civiltà, rimanendo confinata nell'isolamento sino ai tempi moderni. Anch'essi sono famosi per la costruzione di templi e piramidi dedicati agli dei del cielo. Il loro culto era legato aVenere, identificato con la divinità nota come "serpente piumato"; proprio sui moti di questo pianeta svilupparono un precisocalendario astronomico, scoprendo in particolare che ogni 8 anni Venere compie 5 rivoluzioni sinodiche (di 584 giorni): sorprende ancor oggi la precisione degli almanacchi astronomici improntati sul ciclo di Venere con l'esiguo errore di un giorno in 6.000 anni. Il calendario era formato da 18 mesi di 20 giorni con 5 giorni addizionali[40].
I popoli dell'America Centrale riuscirono a prevedere con maggior veridicità di previsione la comparsa delle eclissi[41]. Notevoli anche i progressi nelle previsioni del ciclo stagionale, dei solstizi e degli equinozi. I templi, perfettamente allineati con la posizione del Sole in determinati giorni dell'anno, sono un ottimo esempio di allineamento astronomico[41].
Il complesso di edifici di Uaxactun nel Guatemala presenta una piattaforma in cima ad una delle piramidi dalla quale, in occasione di equinozi e solstizi, è possibile osservare il Sole sorgere dietro lo spigolo di altri tre edifici perfettamente allineati[42].
Il Medioevo[modifica | modifica wikitesto]
Collaboratore di Andrea Pisano,Gionitus inventore dell'Astronomia, formella del Campanile di Giotto diFirenze (1334-1336)

  Per approfondire, vedi Storia_della_scienza#Il_Medioevo_in_Europa.  
Durante il Medioevo, nel mondo occidentale l'astronomia faceva parte del corso ordinario di studi (nel cosiddetto quadrivio): si vedano, ad esempio, le notevoli conoscenze astronomiche che esprime un poeta come Dante, nella Divina Commedia[43].
Nel XIII secolo, Guido Bonatti si attribuiva il merito di aver "individuato 700 stelle, delle quali, fino ad allora, non si aveva avuta ancora conoscenza"[44]. Ciò indica un forte interesse per l'osservazione diretta e per il progresso delle conoscenze.
L'astronomia islamica[modifica | modifica wikitesto]

Una pagina del MS 283, tavola astronomica di al-Khwārizmī.

  Per approfondire, vedi Astronomia islamica.  
L'arrivo degli Arabi nel sud dell'Europa, in particolare in Spagna e in Sicilia, determinò il mantenimento di una fiorente cultura astronomica che avrebbe influenzato le future generazioni di intellettuali[45]; basti pensare che buona parte dei nomi delle stelle (Deneb, Altair, Betelgeuse,Aldebaran, Rigel ecc.) e alcuni termini astronomici (Zenit, Nadir, almanacco, algoritmo, algebra, ecc.) hanno un'origine araba[46]. Infine, bisogna ricordare l'introduzione del sistema di numerazione arabo (desunto dagli Indiani), ben più semplice di quello romano e ben più pratico[47].
Attorno al 638 il califfo 'Omar ibn al-Khattāb oltre a creare una solida struttura amministrativa islamica, decretò la nascita di un calendario islamico che per convenzione faceva partire il conteggio degli anni dall’Egira di Maometto del 622[48].
Valenti astronomi hanno reso possibile il fiorire di questa cultura del cielo: da Yaqūb ibn Tāriq (noto per aver misurato la distanza e il diametro di Giove, Saturno), Muhammad ibn Musa al-Khwarizmi (padre dell'algebra, formulò una teoria per la costruzione di meridiane e quadranti astronomici)[49], Habash al-Hasib al-Marwazi (perfezionò le misure e le dimensioni di terra, sole e luna), al-Farghānī (latinizzato inAlfraganus), al-Hasan ibn al-Haytham (latinizzato in Alhazen), da al-Bīrūnī a Ibn Yunus, da Abu l-Wafā' a ‘Omar Khayyām (la cui fama di poeta oscurò quella per cui fra i musulmani era assai più apprezzato, quella cioè di astronomo e di matematico). Abd al-Rahmān al-Sūfi fu il primo a catalogare la galassia di Andromeda, descrivendola come una "piccola nube" e a scoprire la Grande Nube di Magellano[50].
Al-Battani (latinizzato in Albategnius), attivo al Cairo, fu il più grande astronomo arabo[51], autore di misurazioni che migliorarono la conoscenza dell'inclinazione dell'asse terrestre; al-Zarqali, latinizzato in Arzachel, arabo di Cordova, fu autore delle celebri tavole planetarie note come Tavole toledane che, tuttavia, si rifacevano a tavole (zīj) risalenti all'età persiana sasanide; l'andaluso Ibn Rushd, detto Averroè, criticò apertamente la teoria degli epicicli, sostenendo l'irrealtà dei cerchi eccentrici e dei deferenti assieme a tanti altri scienziati come Alhazen e al-Bīrūnī. Bisogna anche ricordare il fatto che furono gli scienziati arabi i sostenitori di ciò che oggi chiamiamo il metodo scientifico o galileiano di dimostrare la validità delle affermazioni scientifiche[52].
di ottica, migliorando notevolmente gli strumenti astronomici, costruendo un oculare adatto a ridurre l'aberrazione cromatica. Queste migliorie ottiche gli consentirono di scoprire gli anelli di Saturno e la sua luna più grande, Titano (nel 1665)[62].
Giovanni Domenico Cassini scoprì nel 1665 una breccia sugli anelli di Saturno, la cosiddetta divisione di Cassini. Successivamente scoprì alcuni satelliti: Giapeto (1671), Rea (1672), Dione e Teti (1684)[63]. Determinò anche l'unità astronomica con un errore inferiore al 7,5%[64][65].
Ole Romer collaborò con Cassini all'introduzione del micrometro filare ed ebbe anche la prima idea di montatura equatoriale. Il suo nome però, è legato indubbiamente alla prima vera misurazione della velocità della luce: utilizzando le effemeridi di Giove, notò come persistesse nel calcolo teorico un certo tempo tra il fenomeno calcolato (eclissi o transito del satellite) e la realtà; da ciò dedusse che, data la notevole distanza tra la Terra e Giove, la luce impiegava un determinato tempo per arrivare sino alla Terra, contraddicendo le convinzioni dell'epoca sull'istantaneità dei fenomeni luminosi. Egli giunse a stabilire che la luce viaggiava ad una velocità di 225 000 km/s, contro i 300 000 reali[66].
Edmund Halley nel 1678 fu nominato membro della Royal Society. Nel 1682 osservò la cometa che prenderà il suo nome, supponendo che compisse una rivoluzione completa lungo la sua orbita ogni 76 anni. Tramite i calcoli predisse il successivo passaggio che avvenne puntuale, ma che egli non vide a causa della sua morte. Nel 1718 mise in evidenza i moti propri delle stelle, dimostrando che almeno tre di esse, Sirio, Procione e Arturo, avevano cambiato posizione dai tempi di Tolomeo; scoprì inoltre l'ammasso dell'Ercole[67].
Il nome di James Bradley è legato alla scoperta dell'aberrazione della luce, la quale aprì la strada alle future misure di parallassi stellari. Osservando la stella γ draconis, sospettata di mutare posizione, scoprì uno spostamento opposto a quello dovuto. Annotando tutti i dati necessari quali temperatura e comportamento del telescopio, annunciò nel 1729 la scoperta dell'aberrazione. Egli tuttavia notò che, calcolando gli effetti dell'aberrazione, resiste uno scostamento fisso di 2" d'arco, il quale indicava l'esistenza di un altro fenomeno: il fenomeno in questione era la nutazione, che determina uno spostamento delle posizioni stellari ogni 18,6 anni[68].
dell'universo[135].

martedì 21 ottobre 2014

Tycho Brahe

Tycho Brahe (1456-1601) è nato in Danimarca da una famiglia nobile. Fin dall'inizio viene affidato allo zio, Joergen Brahe. Tycho studiò Filosofia e Retorica all'Università di Copenaghen senza troppo entusiasmo. Trascorsi i tre anni canonici all'Università, fu mandato prima a Lipsia, in seguito viaggiò tra Lipsia, Rostock, Basilea e Augusta. In queste peregrinazione acquistò effemeridi e tavole astronomiche e cominciò ad effettuare le prime misure astronomiche. Nella sera del 11 Novembre del 1572, ospite dello zio Steen Bille alchimista, uscendo dal suo laboratorio, notò una stella luminosissima a nord-ovest di Cassiopea (è una costellazione settentrionale, raffigurante Cassiopea, la leggendaria regina di Etiopia. E' una delle 88 costellazioni moderne, ed era anche una delle 48 costellazioni elencate da Tolomeo). Poiché si riteneva fin dall'antichità che il mondo delle stelle fisse fosse eterno e immutabile, alcuni osservatori sostennero che il fenomeno fosse dovuto a qualcosa nell'atmosfera terrestre. La rivalutazione delle stelle "novae" come eventi celesti fu opera di Brahe, il quale misurando le distanze nel cielo tra la stella nova e le stelle della costellazione di Cassiopea, per tutti i diciotto mesi in cui essa fu visibile, non cambioò la sua posizione. Ciò provava l'appartenenza della stella al cielo delle stelle fisse, pubblicando resoconto delle sue osservazioni in <<De nova et nullius aevi prius visa memoria>>
Dunque Brahe non fu favorevole al sistema copernicano tanto da arrivare ad una tesi che prevedeva che la Terra fosse ancora immobile al centro dell'universo, ma che gli unici corpi celesti in moto di rivoluzione intorno ad essa fossero la Luna ed il Sole, ma che al contrario tutti i pianeti ruotassero intorno al Sole in modo tale che le orbite dei pianeti interni avessero raggio minore del raggio orbitale del Sole intorno alla Terra, mentre quello dei pianeti esterni doveva essere maggiore. Questa tesi è definita "modello Tychonico". Questo modello rappresenta un compromesso tra il geocentrismo e l'eliocentrismo; rispetto a quest'ultimo è più allineato alla tradizione, ma d'altra parte appare incompatibile con Aristotele nel momento in cui pone i pianeti in rotazione intorno al Sole in modo assolutamente discordante con l'idea aristotelica degli "orbi solidi".
Federico II, impressionato dalle osservazioni di Brahe del 1572, finanziò la costruzione di due osservatori a Hven : Uraniborg e Stjerneborg. Ben prestò entrò in conflitto con il successore del Re Federico II, Cristiano IV, e dopo venti anni a Hven decise di partire per l'Europa. Nel 1599 si spostò a Praga, accolto dall'imperatore Rodolfo II, il quale non badò a spese pur di trattenerlo. Dopo un anno l'imperatore offrì l'incarico ufficiale di matematico imperiale a Keplero, ed è qui che avviene l'incontro tra i due. Questo incontro fu positivo per entrambi poichè per Tycho era l'occasione di lavorare insieme ad un grande matematico e di dare ancora più solidità e credibilità al suo modello cosmologico, per Keplero fu l'occasione per lavorare in un grande osservatorio astronomico ed avere a disposizione una grande quantità di dati sui quali poter continuare la propria ricerca di un ordine matematico dell'Universo.
Tycho Brahe muore il 24 Ottobre 1601 a causa dello scoppio della vescica durante un banchetto.

lunedì 20 ottobre 2014

DUE ASTRI NELL'OMBRA


Come ben tutti sappiamo, la Grecia, nell'antichità, era la culla della cultura. Dalla filosofia alla poesia, dalla musica alla matematica, ogni disciplina era utile al fine di formare le menti che in futuro avrebbero rappresentato la civiltà ellenica.
Non c'è da stupirsi, quindi, se è proprio in Grecia che nascono e si formano i più importanti nomi della filosofia e astronomia, discipline cardine dell'antichità e che da sempre hanno affascinato gli uomini. Da Talete a Pitagora, da Aristotele a Tolomeo, molti sono i nomi celebri che da sempre vengono ricordati. Vi sono, però, anche altri studiosi che influenzarono molto la cultura ellenica e, spesso, non ne si conosce neppure il nome. Andremo ad analizzare nello specifico due figure molto interessanti che dedicarono gran parte della propria vita a studi non solo astronomici.

Statua celebrativa di Aristarco di Samo, Grecia

Aristarco, nato a Samo, è una figura principale dell'astronomia antica, poiché fu uno dei primi ad ipotizzare tesi che andavano contro la teoria geocentrica di Tolomeo. 
Egli affermava, infatti, che non fosse la Terra a trovarsi al centro dell'universo, bensì il Sole, e che la Terra ruotasse attorno ad esso e seguisse anche una rotazione rispetto ad un asse inclinato rispetto al Sole; questo per spiegare il succedersi delle stagioni.
Il suo scritto più importante, il trattato "Sulle dimensioni e le distanze del Sole e della Luna" è focalizzato, appunto, sulle distanze che intercorrono tra la Stella e il satellite terrestre. Aristarco ipotizzò, infatti, che quando la Luna era illuminata per metà dal Sole, essa formasse con esso e la Terra un triangolo rettangolo e la sua distanza dall'astro dipendesse dall'angolo β compreso tra la direzione Terra-Sole e quella Terra-Luna. 

Avendo, però, calcolato erroneamente l'ampiezza dell'angolo le stime del rapporto della distanza Luna-Sole furono errate rispetto a quelle effettive. 
Nonostante ciò, però, egli portò una novità nell'astronomia del tempo, tanto da influenzare molti studiosi a lui successivi.






Illustrazione raffigurante Ipazia d'Alessandria

La figura di Ipazia d'Alessandria da tempo affascina gli appassionati di filosofia e astronomia. 
Ella nacque ad Alessandria intorno alla metà del IV secolo dopo Cristo; incerta è la sua precisa data di nascita poiché non vi sono fonti che la accertino con sicurezza.
Avendo trascorso la sua vita come allieva e collaboratrice del padre Teone (diminutivo di Teotecno), grande matematico e astronomo, si appassionò alle materie scientifiche, tanto da iniziare a studiarle. A differenza del padre, però, dedicò i suoi studi principalmente all'astronomia, come dimostra un verso di uno scritto di Pallada 
"Verso il cielo è rivolto ogni tuo atto" (Antologia Palatina).
Viene ricordata, inoltre, perché anticipò il concetto della relatività galileana; ella, infatti, affermò che non era un'assurdità ipotizzare il moto della Terra, anziché quello del Sole, poiché noi, stando su di essa, non possiamo essere certi se essa si muova o meno.
 
 
Dal film Agorà, di Alejandro Amenábar, del 2009

Riprese, inoltre, le teorie di Aristarco di Samo ipotizzando un sistema in cui il Sole fosse al centro e la Terra ruotasse attorno ad esso.

 
Dal film Agorà, di Alejandro Amenábar, del 2009
 
E' a lei che dobbiamo, in più, l'invenzione dell'idroscopio, strumento utilizzato per misurare il diverso peso specifico dei fluidi.
Al Museo d'Alessandria insegnò astronomia, matematica e filosofia; è proprio grazie ad uno dei suoi allievi, Sinesio, che oggi si è a conoscenza della sua figura.
Insieme al padre, tradusse molti testi greci, che vennero poi conservati nella Biblioteca di Alessandria. Potrebbe essere proprio a causa dell'incendio di quest'ultima che nessun suo scritto è pervenuto sino a noi.
Aderì alla scuola neoplatonica del tempo e non si convertì mai al cristianesimo, scelta che, insieme alle sue teorie, la portò ad essere paragonata, dai Cristiani, ad una strega e ad essere trucidata in una chiesa da una folla di fanatici.

La morte di Ipazia - C. W. Mitchell


 Abbiamo analizzato in queste poche righe le vite di queste due importanti figure che, anche se raramente citate, hanno rappresentato una fonte astronomica tanto importante per l'astronomia antica quanto per quella moderna, di cui furono anticipatori.

Copernico (Rivoluzione scientifica e astronomica)

La rivoluzione astronomica rappresenta una svolta nella visione del mondo, poiché è il superamento di un modello considerato da due millenni circa, ma è stato anche la critica al principio di autorità e l'affermazione della centralità dell'uomo e la capacità di conoscere il mondo direttamente.
La cosa più importante di questo periodo è il fatto che si affermerà contro l'esperienza quotidiana.

Niccolò Copernico è l'inventore della nuova teoria eliocentrica con il "De revolutionibus orbium caelestium (Delle rivoluzioni dei mondi celesti)", pubblicata nel 1543. Egli riprende il pensiero dei pitagorici e di Aristacco da Samo, sviluppandola sul piano matematico. Con il modello matematico si vuole far capire che l'ipotesi presentata non vuole essere una descrizione dell'universo fisico; Copernico ipotizzò il movimento di rotazione e di rivoluzione della Terra, egli inoltre con il sistema eliocentrico, confutò il sistema aristotelico-tolemaico ( teoria secondo la quale la Terra fosse al centro dell'universo fissa e il Sole, le altre stelle e gli altri pianeti le ruotassero attorno ) punto cardine della vita medievale...tuttavia egli conserva molti suoi aspetti:
. 1- Perfetta sfericità dell'universo.
. 2- Immobilità del Sole per la sua natura divino.
. 3- Centralità del Sole dovuta a migliore posizione da cui illuminare ogni cosa contemporaneamente.

La nuova visione:
Il Sole è al centro dell'universo finito, chiuso dalle stelle fisse, i corpi celesti sono sostenuti da sfere cristalline, le orbite sono perfettamente circolari e per spiegare i loro moti apparenti Copernico ricorre agli epicicli, gli eccentrici e ai deferenti ( essi sono concetti introdotti dagli astronomi ellenistici) .
Problemi che andavano risolti:
Oltre al geocentrismo con Copernico si mette in discussione un altro sistema "La divisione qualitativa tra mondo sublunare e mondo celeste.
Per Copernico l'universo è omogeneo, regolato in ogni punto dalle stesse leggi e composto dagli stessi elementi. Egli necessitò di ipotizzare il moto della Terra: se i pianeti e la Terra ruotavano attorno al Sole, si presuppone che la Terra ruoti attorno al proprio asse quindi abbia sia un moto di rivoluzione, sia un moto di rotazione (in aggiunta al moto di traslazione, cioè allo spostamento della Terra nello spazio, con l'intero sistema solare).
Per costruire un nuovo sistema occorreva superare l'esistenza delle sfere celesti, impresa difficile, poiché esse spiegavano sia il moto dei pianeti e delle stelle, sia il fatto che potessero sostenersi e mantenersi nelle proprie orbite.

Copernico comprese una corretta definizione dell'ordine dei pianeti e la precessione degli equinozi; le stelle fisse per lui erano estremamente lontane ed esageratamente grandi.
Possiamo riassumere la sua teoria in 7 punti salienti:
. 1- Non vi è un unico punto, centro delle orbite celesti e delle sfere celesti.
. 2-Il centro della Terra non è il centro dell'universo, ma quello della massa terrestre e della sfera lunare.
. 3- Tutte le sfere ruotavano attorno al Sole, il quale è in mezzo a tutte e il centro dell'universo si trova vicino ad esso.
. 4- Il rapporto tra la distanza Sole-Terra e l'altezza del firmamento è tanto più piccolo del rapporto tra il raggio della Terra e la distanza Terra-Sole, che nei confronti dell'altezza del firmamento, tale distanza è impercettibile.
. 5- Qualsiasi movimento appaia nel firmamento non appartiene ad esso, ma alla Terra; quindi la Terra con gli elementi contigui, compie un giro attorno ai suoi poli fissi, mentre il firmamento resta immobile, inalterato con l'ultimo cielo.
. 6- Qualunque movimento appaia nel Sole, non appartiene ad esso, ma dipende dalla Terra e dalla nostra sfera, insieme alla quale noi ruotiamo intorno al Sole come qualsiasi altro pianeta e cosi la Terra compie più movimenti.
. 7- Per i pianeti appare un moto retrogrado e diretto: ciò in realtà non dipende da loro, ma dalla Terra, per tanto il moto di questa sola basta a spiegare tante irregolarità celesti.

domenica 19 ottobre 2014

CONCEZIONE ARISTOTELICO-TOLEMAICA

Aristotele e Tolomeo sono due figure importante nella storia dell'umanità,le quali hanno definito un periodo storico molto importante quale quello del medioevo attraverso i loro pensieri e le loro opere,soprattutto riguardanti la concezione astronomica.
Aristotele è stato un filosofo, scienziato e logico greco antico.
Discepolo di Platone, è considerato una delle menti filosofiche più innovative e influenti del mondo antico occidentale per la vastità dei suoi campi di conoscenza; egli rappresenta la figura portante della concezione geocentrica medievale dell'universo,la quale sostiene che la terra rappresenta il centro portante dell'Universo e gli astri celesti girano intorno a quest'ultima.
Egli tratta nelle sue opere,in particolare nella Fisica e nel De coelo ,di questa conformazione geocentrica dell'universo.
Secondo Aristotele, la Terra è formata dai quattro principali elementi naturali:terra,aria, fuoco e acqua.
Le varie composizioni degli elementi costituiscono tutto ciò che si trova nel mondo.
Ogni elemento possiede inoltre due delle quattro qualità o anche «attributi» della materia:
il secco (terra e fuoco),
l'umido (aria ed acqua),
il freddo (acqua e terra),
il caldo (fuoco e aria).
Ogni elemento ha la tendenza a rimanere o a tornare nel proprio luogo naturale, che per la terra e l'acqua è il basso, mentre per l'aria e il fuoco è l'alto. La Terra come pianeta, quindi, non può che stare al centro dell'universo, poiché è formata dai due elementi tendenti al basso, e il "basso assoluto" è proprio il centro dell'universo.
Riguardo a ciò che si trova oltre la Terra, Aristotele ipotizza la presenza di un quinta essenza: l'etere.
L'etere, che non esiste sulla Terra, sarebbe privo di massa, invisibile e, soprattutto, eterno ed inalterabile.

Aristotele riteneva che i corpi celesti si muovessero su sfere concentriche e che quest'ultime fossero messe in moto da un ulteriore stella,"il primo mobile", della cui natura peraltro Aristotele ebbe qualche difficoltà a dare una definizione precisa. Esso risulta mosso direttamente dalla causa prima, identificabile con la divinità suprema che non coincide con la figura di Dio,essendo quest'ultimo "atto puro" ed assolutamente immobile ed inoltre privo di materia e quindi non localizzabile. Il primo mobile piuttosto si muove per un desiderio di natura intellettiva.
Aristotele era convinto dell'unicità e della finitezza dell'universo i quanto se esistesse un altro universo sarebbe composto sostanzialmente dei medesimi elementi del nostro, i quali tenderebbero, per i luoghi naturali, ad avvicinarsi al nostro fino a ricongiungersi completamente con esso, ciò che prova l'unicità del nostro universo.
 La finitezza è definita dal fatto che in uno spazio infinito non può esisterci alcun centro.Il sistema geocentrico fu perfezionato nel II secolo a.C dal massimo astronomo dell'antichità,Ipparco.
Per spiegare le "irregolarità" del movimento dei pianeti egli suppose che essi percorressero con moto uniforme delle circonferenze di raggio relativamente piccolo (gli epicicli), i cui centri a loro volta si muovevano uniformemente su circonferenze di raggio molto maggiore (deferenti) il cui centro era nelle vicinanze della Terra.
Poiché nessuna delle opere di Ipparco è giunta fino a noi, i dettagli di questo sistema ci sono noti attraverso l'opera dell'ultimo grande astronomo dell'antichità,Tolomeo,che riprese e perfezionò l'opera di Ipparco.
Esso aveva raggiunto una discreta ,ma al prezzo di una grande complessità. Il sistema eliocentrico, poi, era più facilmente esposto a obiezioni filosofiche e religiose avanzate già nell'antichità classica. Il sistema geocentrico, invece, era più accetto perché dava una posizione privilegiata della Terra al centro dell'universo e rendeva naturale considerare l'uomo come apice e fine della creazione. Questa tesi fu sviluppata da Berthold Brecht nel suo lavoro teatrale su Galileo Galilei.
Galileius

Galileo Galilei fu certamente uno dei personaggi di maggior lustro nel periodo rinascimentale, considerando anche il grande apporto che ha dato a diverse branche del sapere. Di fondamentale importanza nella vita di Galileo furono gli studi conseguiti a Padova, sede centrale del neoaristotelismo : diversamente dalla cultura presente in altre parti di Italia, a Padova si diffuse un nuovo modo di interpretare la realtà. Più precisamente, ragione e fede venivano poste su due piani differenti : per comprendere la natura e i suoi fenomeni era necessario lo studio della matematica e della fisica, mentre per comprendere la parola di Dio bisognava interpretare le Sacre Scritture. Per questo motivo, la chiesa iniziò a perdere quella sua autorià che aveva caratterizzato tutto il Medioevo : molti studiosi, tra i quali Galileo stesso, iniziarono a sfidare i principi emanati dalla chiesa e così effettuarono diverse scoperte valide ancora oggi.
Sul piano astronomico a Galileo, convinto copernicano, va il merito di aver puntato per la prima il telescopio, costruito dall'artigiano tedesco Hans Lippershey, verso il cielo : grazie a questo gesto, egli scoprì i quattro maggiori satelliti di Giove, acquisì informazioni sulla Via Lattea e sulle macchie lunari. Tali scoperte furono pubblicate e diffuse nel Sidereus Nuncius.
Con la diffusione di tali scoperte, Galileo non sapeva che stava andando incontro a gravi dispute, specialmente con la gerarchia ecclesiastica. Dopo aver ricevuto diverse minacce, egli decise di diffondere le sue teorie in maniera implicita : lavorò infatti alla composizione del "Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo", un'opera che mette a confronto la teoria copernicana con quella aristotelico-tolemaica. I personaggi sono tre : Filippo Salviati e Gianfrancesco Sagredo, amici di Galileo, a sostegno del sistema copernicano, e il terzo, Simplicio, un personaggio inventato sostenitore di Aristotele, il cui nome fa già capire a lettore il livello culturale del personaggio. Mediante questo trattato, Galileo farà intendere al lettore quale teoria sia più logica, senza però esplicitarlo. L'opera riscosse un grande successo, ma ben presto iniziarono le accuse e le minacce. Nel 1633 inizia il processo, a Roma, dove Galileo viene invitato per discutere della sua teoria. A malincuore egli dovrà negare la veridicità delle sue scoperte.
Galileo, inoltre, fu uno dei protagonisti del superamento della visione aristotelica della natura del moto, in particolare riguardante i pianeti. Egli dimostrò che le orbite percorse dai pianeti sono ellissi, compresa quella della Terra, e dunque il Sole è posto al centro (da qui eliocentrismo).
Sulla base di numerose osservazioni, Galileo riportò i dati ottenuti scrivendoli in termini matematici. Si deve appunto a lui la scoperta dell'esistenza di rapporti matematici che sono alla base del funzionamento della natura stessa. In seguito a tali scoperte egli elaborò il metodo scientifico, in uso ancora oggi, che prevede l'osservazione di un fenomeno, il riporto dei dati ottenuti, la verifica della scoperta e infine la formulazione di una tesi.